Questioni di psicologia e digitale...
Intelligenza artificiale: rischi, opportunità ed etica
Hanno ragione gli algoritmi o Fiorello che scherza sull’ignoranza artificiale, nell’ipotizzare una sovrastruttura immateriale per tutti, una sorta di involucro, tuta invisibile, "capace" di controllare l'uomo, "no loger controller", che l’ha progettata?
Quali sono le promesse e le minacce che porta con sé l’intelligenza artificiale, (IA, Artificial Intelligence), verso un umanesimo da riscrivere per il terzo millennio?
Intelligenza artificiale: queste due parole rappresentano una realtà dinamica, complessa, ancora in parte misteriosa e perciò, intrigante e pure affascinante.
Dall’etimologia si sa che entrambe derivino dal latino intus legere, "guardare dentro, in profondità". La seconda, da artificialis, "fatto con arte".
L’IA è dunque, una realtà artefatta con calcolo intenzionale.
Intenzionale appunto!
Per aiutare l’uomo nella sua fatica quotidiana o per sostituirlo in parte o in toto anche nelle sue funzioni mentali e decisionali di responsabilità etica, civile, sociale?
Andiamo con ordine.
La Realtà Virtuale: primo passo
Già nel medioevo la filosofia scolastica usa il termine virtualis, derivante da virtus, cioè facoltà, potenza, possibilità in contrapposizione ad attuale, effettivo, contingente. Ma oggi virtuale sta per simulazione, finzione attraverso il computer, il digitale.
E dunque, la realtà virtuale è una realtà immaginifica, risultato della sensibilità e intelligenza emotiva dell’individuo, che creano la realtà “rifugio”, assimilabile al sogno, in cui godere il piacere dell’esistere in assenza di limitazioni razionali.
>> Microsoft Mesh: tra Realtà Virtuale e Realtà Aumentata [VIDEO] <<
Si tratta di un meccanismo noto alla psicologia a cui l’uomo da sempre ricorre per fughe precipitose, liberatorie, creandosi una sorta di bolla impermeabile che lo estranea momentaneamente dal mondo, in cui annega il tempo e lo spazio per rinforzare il suo ego, la sua autostima? Uno spazio immaginario, favoloso, perciò terapeutico.
D’altronde, leggendo un libro, osservando un film avvincente, non costruiamo forse una realtà altrettanto immaginaria, in cui il protagonista e gli altri personaggi agiscono nello scenario suggerito dall’autore, ma reinterpretato e ridefinito dal lettore?
E il lettore, identificandosi con il protagonista o l’antagonista non usa forse una maschera, diventando un sorta di avatar, un altro Io, proiezione del Sé; insomma il suo doppio?
E questa situazione, mutatis mutandis, non è quella propria del metaverso, della realtà digitale, della realtà aumentata in cui il sé sostituisce l’io del quale è proiezione e oggettivazione nell’avatar?
L'Intelligenza Artificiale: secondo passo
Che cosa è l’IA?
“È la tecnologia di base per simulare processi dell’intelligenza umana attraverso la creazione e l’applicazione di algoritmi integrati in un ambiente di calcolo dinamico” (da Wikipedia).
Anche l’ergonomia, che mi caratterizza professionalmente e che è l’interdisciplina che studia il comportamento dell’uomo finalizzato alla salute, sicurezza e benessere nelle sue interazioni con gli altri uomini, le macchine e l’ambiente, si occupa di IA.
Essa monitora questo settore avanzato dell’informatica e del web 3 per prevenire danni e contribuire all’ottimizzazione dei processi tesi a ridurre la fatica e lo stress dell’uomo, previa verifica di opportunità, con progressive, equilibrate deleghe di lavoro alle macchine.
>> Web 3: cos'è e come ci siamo arrivati <<
Interessante è il manifesto sull’IA pubblicato su Il Sole 24 ore del 23 maggio 2022, dove l’occhiello così anticipa: “Per fare qualcosa che né gli esseri umani, né le macchine sono capaci di fare da soli, ma che possiamo fare insieme”.
L’IA è in potenza adatto a riprodurre talune capacità della mente umana e forse addirittura tutto il pensiero umano. Al riguardo sono noti studi sulle emozioni e la sensibilità dell’uomo applicate ai robot androidi, i nostri gemelli meccanici, programmati per simularle o riprodurle e persino esercitare influenze con gli algoritmi di raccomandazione, sulle decisioni da prendere.
Le fake news e la comunicazione subliminale potrebbero qui trovare l’humus per prosperare.
Questi esperimenti sollevano interrogativi seri sulle prospettive di applicazione. Per cui cala il fascino e cresce la preoccupazione. Ecco il limite, la situazione di frontiera: procedere, fermarsi, indietreggiare.
Fin dove può inoltrarsi la ricerca e la sperimentazione tecnologica nella delega alle macchine, ai robot, fino a spingersi verso la sostituzione completa dell’uomo che da soggetto protagonista diventa spettatore del suo autosufficiente prodotto androide, l’automa?
Delle tre facoltà dell’uomo - mens et manus et cor -, che già la filosofia greca qualifica espressioni delle sue dimensioni pneumos, psiche, soma -, quali è lecito usare, oltre ad aiutare la mano nel lavoro esecutivo? Anche per influenzare, condizionare la mente e i suoi processi cognitivi e razionali, e magari pure il cuore stimolando, eccitando la sua emozionalità singolare, originale, identitaria?
Allora, la preoccupazione diviene inquietudine, forse angoscia.
Il metaverso: terzo passo
Il termine "metaverso" (vedi anche: Vincenzo Cosenza, cos'è il metaverso) è stato usato da Neal Stephenson nel suo romanzo cyberpunk “Snow crash” del 1992, per rappresentare “Un mondo virtuale 3D, popolato di repliche umane digitali, con il quale si definisce una zona di convergenza di spazi virtuali interattivi, localizzati nel cyberspazio e accessibile dagli utenti attraverso avatar con funzione di rappresentanti delle identità individuali” (da Wikipedia).
Uno spazio librato tra la realtà fisica, spazio-temporale e la realtà virtuale, immaginifica, che per l’appunto viene definita realtà digitale, da digit, termine anglosassone che vuol dire cifra.
Un mondo nel quale i "figli digitali" della generazione Z avranno agio, mentre tutti gli altri dovranno prima domandarsi “chi sono io? Sono analogico, virtuale o digitale” e poi adeguarsi alla bisogna e provare magari insieme con i figli e i nipoti, ad usare il visore del metaverso e muoversi nel cyberspazio, dove ad esempio i commercianti incominciano a presentare le loro merci, le banche i loro servizi e i musei e le pinacoteche le loro opere d’arte.
>> "Metaverso: come si stanno muovendo i grandi brand?" <<
ChatGPT: quarto passo
ChatGPT, (Generative Pretrained Trasformer) è un chatbot, cioè ”un software che simula e elabora la conversazione umana”. Una tecnica nota, “realizzata da OpenAI, (Organizzazione non profit per la ricerca su IA) con l’obiettivo di ottimizzare la conversazione e facilitare l’utilizzo da parte degli utenti.
Questa tecnologia ha il potenziale per migliorare notevolmente il modo in cui interagiamo con le macchine in una vasta gamma di applicazioni, dal servizio ai clienti alla traduzione linguistica, fino alla scrittura creativa” (da Wikipedia).
Qualche analogia con i meccanismi freudiani dell’associazione di contenuto, si può forse trovare, ma la questione è che il mare magnum delle informazioni delle blockchain (struttura dati), non è paragonabile alla memoria umana e neppure all’immaginario collettivo Junghiano e il reperimento e l’assemblaggio delle informazioni attraverso gli algoritmi è distante dai processi mnestici, evocativi umani dove l’emozione ha la funzione fondamentale di richiamo.
Cui prodest, a chi giova?
ChatGPT è una ingerenza, un’intromissione nella libera espressione creativa sia verbale che iconografica o un supporto utile, ottimizzativo della pratica retorica e pubblicistica dell’uomo?
I pareri sono discordanti su questa tecnica, ma certo, se usata con prudenza e responsabilità potrà tornare ergonomicamente vantaggiosa.
Sicuramente è la sfida del secolo: vincerà la mente umana o il suo surrogato, promettente clone macchinico?
La storia insegna che il progresso viaggia con l’uomo, non senza di lui. La tecnologia pertanto, deve fare i conti con l’etica e la psicologia.
>> "ChatGPT: 4 vantaggi d'uso e 4 criticità etiche"<<
Cervello umano e algoritmi
Sembrerebbe dunque, che l’uomo del terzo millennio arrischi di divenire schiavo del suo prodotto: l’algoritmo.
L’Io intrappolato nel suo Sé, il soggetto creativo succube della propria creatura-oggetto meccanico, l’uomo in balia dell’androide, automa in forma umana. Un neo-illuminismo fideistico nella dea ragione sembra di nuovo avanzare, generativo di addictions però, crescenti dipendenze digitali con il pericolo di una reiterata alienazione, dispersione dell’essere.
L’IA, è una sfida, ma anche una grande lezione di vita. L’uomo deve infatti, saper discernere tra il bene e il male, tra l’ambizione e la superbia, e comprendere che certe sue funzioni mentali non sono delegabili come quelle impiegate nella prima e nell’ultima fase del processo creativo e cioè la progettazione e la verifica finale della qualità del prodotto, lasciando, come insegna l’ergonomia, la sola gestione esecutiva alla macchina, peraltro con un controllo dell’uomo in itinere, continuo di tutto il processo.
Il Tu devi, Kantiano, lo richiama categoricamente alle sue responsabilità etiche, civili e sociali a vantaggio della libertà di poter continuare l’opera della creazione in una ricercata convivenza di pace e sviluppo sociale solidale.
L’IA, apre scenari di grandi opportunità, in cui la sperimentazione deve progredire sempre però, attraverso la critica della ragione, attenta a scoprire e contrastare le minacce latenti nel falso progresso.